Eh, sì, devo proprio darvi una brutta notizia: mentre uno sparuto gruppo di rappresentanti dell’Homo Sapiens continua a limare i record assoluti della prestazione, la massa rallenta. Ohibò, direte voi, come è possibile? Magari vi stavate cullando nell’illusione che i progressi del vertice potessero estendersi automaticamente anche ai piani inferiori. Ebbene non è così. E ovviamente non pretendo che voi mi crediate sulla parola; quindi andiamo a vedere i fatti.
Prendiamo ad esempio trent’anni di storia della maratona più famosa al mondo: chi negli anni ’80 tagliava il traguardo a New York con il tempo del 100° classificato, oggi si classificherebbe 30°. E nel frattempo i partecipanti non sono diminuiti ma, al contrario, quasi decuplicati. In altre parole: anche se il numero dei corridori è aumentato, la materia prima sembra essere diventata più scadente.
Vediamo altri dati. Nel 2003, 21.392 italiani hanno corso una maratona. Quelli che hanno corso sotto le 2:30’ sono stati 100. Nel 2014 i finisher erano quasi raddoppiati: 38.254. Ma gli atleti che hanno fatto registrare tempi sotto le 2:30’ si sono più che dimezzati: sono stati 41. Se si osservano i dodici anni intermedi si nota che, mentre il numero di praticanti cresce in maniera netta, il numero di quelli che ottengono elevate prestazioni presenta un calo costante.
«Dove sta l’inghippo?», vi starete chiedendo. Credo che dobbiamo dirci le cose come stanno: con l’eccezione di alcuni soggetti straordinari che rappresentano il vertice dell’eccellenza atletica, stiamo disimparando a correre. Dicendo questo, forse stiamo rompendo un tabù. Ma come, correre non era uno dei gesti più naturali e istintivi della nostra specie? Non discendiamo forse da generazioni di ominidi che sono sopravvissuti grazie alla caccia persistente, lo sfiancamento metodico delle prede? E allora, se è un gesto così naturale, come è possibile disimpararlo?
Ho l’impressione che anche i comportamenti e i gesti motori più istintivi possano essere corrotti e alterati da stili di vita non idonei. Per trovare un supporto qualificato a queste impressioni ho chiesto il parere a Giorgio Aprà, presidente dell’Associazione italiana corsa naturale.
L'intervista è pubblicata sul numero di novembre di Correre